Hellhole: film horror di Bartosz M. Kowalski

Hellhole: film horror di Bartosz M. Kowalski

Hellhole di B. M. Kowalski inaugura un nuovo genere di film nel mio blog: dopo le pellicole “soufflè” ed i film “con le pecore morte”, arrivano loro: i “lungometraggi che iniziano a diventare interessanti a 10 minuti dalla conclusione”.

Non c’è molto altro da dire.
La storia potrebbe essere avvincente, la fotografia accurata (sebbene troppo fosca per apprezzarla in toto), la scelta dei personaggi comprensibile. Ci sono addirittura finezze artistiche di tutto rispetto (per citarne alcune: i colori smunti alla Silent Hill, l’albero morto che rifiorisce, una creatura demoniaca che omaggia le creazioni di Guillermo del Toro, il mondo rovesciato) che denotano un certo gusto estetico di indubbia sensibilitàà. Eppure Hellhole è un fallimento: tutto si riduce a un esecrabile scimiottatura de “Il nome della Rosa” in versione “Ave Satana incontra Masterchef”.

E quando finalmente Kowalski / Zaradkiewicz si decidono a calare il carico da 11, è troppo tardi: il budget è al limite, gli attori vogliono tornarsene a casa, non c’è più pellicola. Ed al buffet sono rimaste solo le penne lisce.

Hellhole (2022): trama

Antefatto: nel 1957 un prete, rapito un neonato, si prepara a sacrificarlo durante un’eclissi per scongiurare l’avvento dell’Anticristo. La polizia irrompe nella chiesa poco prima che il prelato possa eseguire il sacrificio ed il bambino sopravvive.

Trent’anni dopo, una misteriosa serie di rapimenti conduce Marek (Piotr Zurawski) all’interno di un monastero-sanatorio dove una congrega ecclesiastica, retta dal priore Andrzej (Olaf Lubaszenko), si occupa di curare gli internati.

Le regole ferree del monastero costringono Marek a fingersi un prete per poter condurre le indagini ma egli si scontra sin da subito con il muro di omertà dei frati, sottoposti alla regola dell’obbedienza. Con il passare dei giorni, strani avvenimenti inducono il detective a ritenere che un’aura malefica aleggi sul monastero: l’uomo riconduce però le strane visioni di cui è stato testimone al tentativo, da parte dei confratelli, di inscenare finte possessioni ed esorcismi al fine di estorcere denaro alla curia.
Quando però assiste al frettoloso funerale di una delle ragazze “possedute” e trova resti umani nel cibo del refrettorio, Marek inizia a sospettare che i frati possano essere coinvolti in molto più di una semplice truffa ai danni del vescovo.

Le indagini autonome dell’uomo non restano però inosservate: i confratelli, capeggiati da Andrzej, decidono di imprigionarlo prima che egli possa raccontare la verità ai suoi superiori e lo sottpongono a misteriosi riti esoterici.
Con il precipitare della situazione, Andrzej rivela infatti a Marek di averlo scelto come simulacro per il demonio seguendo le informazioni riportate in un antico manoscritto.

Nel tomo veniva infatti spiegato che, in un futuro imprecisato, sarebbe nato un bambino adatto ad accogliere l’anima di Satana: questi avrebbe dovuto consumare le carni di sette peccatori e nutrirsi del sangue di un’innocente per consentire alla Bestia di instaurare il proprio regno in terra. Andrzej ha identificato in Marek, il bambino sopravvissuto nel 1957, il prescelto dalle tenebre ed ha orchestrato un piano machiavellico per convincerlo ad introdursi nel monastero in incognito ed averlo così alla propria mercè.

Al termine del delirio, il priore completa il rito ed evoca il demonio, senza che però succeda nulla. Visibilmente turbato, Andrzej tenta di non perdere credibilità agli occhi dei suoi confratelli e dispone quindi che Marek venga ucciso ed il suo corpo sia occultato nelle caverne sottorranee del monastero, un luogo che la sua stessa congrega esoterica considera collegato all’inferno. I frati, fiduciosi che il priore troverà le motivazioni dell’insuccesso del rito satanico dopo un’ulteriore lettura del grimorio, tornano alle attività abituali.

Quella stessa sera, il priore si ubriaca: egli confessa al suo vice, Piotr, i propri sospetti, ritenendo che il libro possa solo contenere storie di fantasia e che non sia possibile evocare Satana. Subodorando la possibilità di assumere il massimo incarico nel monastero, Piotr uccide il priore Andrzej nel sonno.

La mattina successiva, Piotr fa credere ai confratelli che il vecchio priore sia deceduto per morte naturale e si prepara ad ereditarne ufficialmente la carica.
Contemporaneamente, nelle grotte sotterranee, Marek si risveglia e inizia la sua demoniaca trasformazione. Risalita in superficie, l’entità malefica si vendica contro Piotr ed i frati in una blasfema parodia della crocifissione, quindi, dopo averli trasformati in uno sciame di mosche, apre le porte dell’inferno e si prepara a dominare il mondo.

Hellhole (2022): sì, finisce così.

Hellhole (2022): recensione

Hellhole appartiene a quel filone di film pretenziosi che shockano a botte di gore e splatter ma che, alla fine della fiera, non riescono a trasmetterti un brivido neanche per sbaglio.

Seppur suffragato da qualche idea interessante, non giova particolarmente all’opera di Bartosz M. Kowalski andare a pescare tra gli elementi più abusati dell’horror evangelico: esorcismi, Anticristi, vergini sgozzate, culti esoterici, croci che si rovesciano, specchi ingannatori, sciami di mosconi. Il tutto condito da quel gusto cannibal-kitsch che lo stesso regista aveva riversato nel precedente “Non dormire nel bosco stanotte”.

Domandiamocelo: Hellhole è disturbante?
Sì, quanto lo può essere “Raw – Una cruda verità” o “Fresh”.
Ma siamo lontanissimi dal senso di crescente tensione che avverti nei film ben riusciti: Hellhole fa paura quanto una puntata di “Happy Tree Friends” ambientata nel magico universo de “Il nome della Rosa”.

Quello di Kowalski è un boomerang con granata inescata, che finisce col defragrare nel momento meno opportuno. Il film si trascina infatti, senza particolare convinzione, per più di 3\4 della sua durata, annoiando (e talvolta disgustando) lo spettatore.

Hellhole (2022) di Bartosz M. Kowalski: quando i fratini fanno ooh, che meraviglia, che meraviglia!

Dopo le nefandezze del finto esorcismo, ti domandi infatti, incredulo, quando succederà realmente qualcosa. Passano 30 minuti: ti alzi dal divano e vai a preparare un caffè con pausa pipì incorporata. Torni al sofà: Marek ti illustra il menù antropofago. Ti maledici per aver bevuto il caffè mentre ringrazi silenziosamente la madre di Marek e il tratto di tangenziale a lei dedicato. Passano altri 20 minuti di noia abissale: controlli la copertina del dvd per essere certo di non aver selezionato una versione polacca di “Masterchef tra i cannibali”. Attendi forse 5 minuti scarsi, poi non ti trattieni più: spulci le recensioni in rete cercando conferme alle domande che si accumulano da quasi un’ora nella tua mente. Stai davvero guardando un film horror? E’ sicuro che non sia una peciottata low budget? E quando arriva la parte paurosa?
Ad un passo dalla fine, forse per intercessione divina, vedi quel qualcosa così a lungo bramato. Ammesso che tu sia ancora sveglio. Ma è un’effimera illusione: 600 secondi e poi Kowalski ti pugnala alla schiena con i titoli di coda.

Voto finale: dice Alessandro “Ristoratori, date i vostri voti! Per me è lochescioun 2, servizio 2, menu 1, prezzi 5”.

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